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Aprire un ombrello in casa porta sfortuna, il perché

- Maggio 23, 2022

Aprire un ombrello in casa porta male, fra i superstiziosi è cosa ben risaputa. Ma perché questa convinzione?

Una prima spiegazione la si rintraccia al tempo degli antichi romani ma in seguito, spostandosi nel tempo, si colora di altre connotazioni. Strettamente legate alle circostanze che vedono protagonista l’ombrello.

aprire un ombrello in casa
Credits: Pinterest

Aprire un ombrello in casa porta sfortuna, i perché

Nell’antichità.

Nell’antica Roma era quotidianità usare gli ombrelli parasole (chiaramente costruiti con materiali diversi dagli odierni) per proteggersi dai raggi del sole cocente. La cosa era tollerata dal Dio del Sole stesso, Apollo.

Il fatto di aprirlo invece all’interno dell’abitazione era considerato dal Dio una grave offesa, in quanto in casa non trovava scusa per essere usato.

Parimenti gli egiziani, il cui Dio del Sole, Ra, ragionava alla stessa maniera, considerando un’offesa il parasole aperto all’interno di casa.

Chiaro che, per entrambi gli Dei, la conseguenza sarebbe stata una pioggia di sciagure sui malcapitati che avevano osato.

Tenete presente che all’epoca l’ombrello aveva una certa simbologia.

Gli egiziani lo paragonavano alla dea del Cielo, Nut, che proteggeva la terra coprendola esattamente come l’ombrello proteggeva le persone (nobili e ricche n.d.R.).

Aprire l’ombrello sulla propria testa, significava invocare la protezione divina.

Allo stesso modo altre popolazioni lo assimilavano alla volta celeste. Un connotato indubbiamente mistico ma anche molto religioso.

Epoca medievale.

Arriviamo al Medioevo, dove l’ombrello inizia ad essere utilizzato anche per ripararsi dalla pioggia (Alto Medioevo). L’oggetto si evolve ed inizia ad assumere la struttura rigida che conosciamo oggi.

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Inventano anche il meccanismo a molla per aprirlo (Samuel Fox) ma è qui che possiamo rintracciare un altro tipo di “sventura”.

Aprirlo al chiuso, magari in spazi piccoli, all’improvviso ed inaspettatamente grazie all’apertura rapida, poteva far male a qualcuno. Per scoraggiare quindi l’intenzione di farlo, si iniziò a far circolare l’idea che avrebbe avuto conseguenze nefaste.

Vi state meravigliando del fatto che la religione non sia tirata in ballo? è presto detto.

Quando i preti andavano nelle case ad elargire l’estrema unzione, portavano con sé un ombrello nero. Veniva posto sul capo del moribondo (un richiamo alla protezione divina, ad oggi liturgico e simbolo di devozione) e di conseguenza l’oggetto era assimilato alla malattia e al lutto.

Aprirlo dunque in casa di rimando attirava malattie e morte.

Secondo poi una liturgia in seguito riformata, l’ombrello veniva assimilato alla piccola struttura a baldacchino con la quale si copriva il prete lungo il tragitto compiuto per portare del cibo alla persona prossima alla morte.

Epoche più recenti.

Accadeva anche che nelle case dei poveri il tetto si bucasse e allora la gente usava gli ombrelli per non fare entrare la pioggia, in quanto non aveva abbastanza denaro per farlo aggiustare o per acquistare i materiali necessari.

Aprire un ombrello in casa, rievocando la circostanza di non aver soldi, attira di conseguenza la povertà su di sé.

Insomma, questa superstizione non perdona. L’ombrello aperto in casa, da qualsiasi lato la si voglia guardare, porta male.

E ricordate che l’ombrello non si regala (e se proprio volete farlo, che non sia nero!), rischiate di regalare la sfortuna soprattutto se viene aperto in casa, né si raccoglie da terra.

Il sospiro di sollievo per i superstiziosi se qualcuno apre un ombrello in casa.

L’ombrello non porterà sfortuna quando è di un colore diverso dal nero, in casa tutti stanno bene e nessuno è malato, si è già bagnato quindi è stato già usato ed infine se lo abbiamo comprato da soli e non è un regalo.

– Postilla –

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Testo by IlPumoGiallo©

In copertina: immagine da Pinterest.

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Sono nata nel '77, Avvocato e scrittrice. Appassionata di arte e musica, di letteratura e retorica, di storia e di filosofia, faccio della creatività lo svago dalle mie passioni. Amante delle parole in ogni loro forma, scritta e non scritta, mi piace scrivere perché, citando Cesare Pavese, riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare ad una folla (Cesare Pavese, 4 maggio 1946).

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