
Challenge mortale on line. Ci risiamo.
Chiunque abbia un figlio o una figlia che già bazzica su cellulare, tablet e qualsivoglia dispositivo collegato ad internet, è meglio presti attenzione ai contenuti visualizzati.
Da un paio di giorni su ogni giornale/sito di informazione si parla del bambino di 11 anni deceduto martedì scorso a Napoli, dopo essersi gettato dai piani alti di un palazzo signorile. Figlio di benestanti (dunque si suppone non avesse alcuna frustrazione dovuta a qualsivoglia mancanza, sia pure superflua), amici, sport. Una vita serena, come dovrebbe essere quella di ogni bambino.
Eppure di punto in bianco, una notte decide di suicidarsi. Decide che la propria vita non ha alcun valore. Oppure regala importanza (opinabile, data l’età) a qualcosa che gli suggerisce un’azione che non necessita di riflessione (NdR).
Il messaggio ai genitori prima di compiere il gesto, sintetizzato in: vi amo ma devo seguire l’uomo nero incappucciato.

Ribadisco, ci risiamo. Ne cito qualcuna: Blue Whale Challenge, Slender Man, Momo, Fata di Fuoco (destinata ai più piccoli), Jonathan Galindo, la challenge più recente.
Certo, la circostanza è al vaglio degli inquirenti che hanno chiaramente sequestrato tutti i dispositivi collegabili ad internet del bambino, compreso il cellulare trovato vicino allo sgabello usato per coadiuvare il gesto. Eppure non sembra ci siano altre ipotesi più plausibili di una “challenge mortale“.
Proviamo a capire.
Challenge mortale: Jonathan Galindo
Jonathan Galindo è l’ultimo “personaggio” sfornato da qualche mente distorta.
L’allarme in merito è balzato all’attenzione pubblica nel luglio scorso, con le dovute segnalazioni, ed il copione è sempre lo stesso: l’amicizia chiesta attraverso un Social, il messaggio: vuoi giocare? e quindi arriva il link del gioco, poi una serie di step, di sfide, anche autolesioniste, che aumentano di pericolosità fino ad arrivare all’estremo.
Non si parla di un profilo solo ma di diversi, il che lascia supporre che il “Curatore” possa essere più di uno. Chi è il Curatore? è colui incaricato di seguire passo passo gli esiti degli step ordinati alla vittima.
L’unica differenza che va riscontrata, opinione della scrivente, è che non si parli di video registrati allo scopo di dimostrare l’adempimento all’ordine impartito. Chissà che non saltino fuori nelle indagini in corso.

L’immagine usata da Jonathan Galindo
Questo soggetto utilizza l’immagine che rappresenta un uomo mascherato da Pippo, il personaggio della Disney. Indubbiamente è un po’ inquietante ma è una “maschera” rubata intorno al 2017 per realizzare una “creepypasta”. Per chi non sapesse cosa sia: creepy = spaventosa, pasta = cut&paste (copia e incolla). Semplicemente storie horror via web, costruite pezzo per pezzo passando di persona in persona (ognuno aggiunge una continuazione) e veicolate attraverso il copia e incolla.
La maschera appartiene in realtà ad un make up Artist cinematografico e videomaker, Samuel Canini (americano) e risale al 2012. L’artista la usava per i nickname social Duskysam/Sammy Catnipnik. Messo al corrente dei fatti ha pubblicato un tweet in cui se ne dichiara estraneo.
Ed ecco che nasce il personaggio Jonathan Galindo, detto “Cursed Goofy“, Pippo maledetto. Protagonista di racconti al limite della sanità mentale, che agisce attraverso i messaggi, inviando video davvero inquietanti, ed è in grado di sottrarre indirizzi IP e dati personali, nonché di arrivare davanti casa della vittima.
Nel giugno 2020 un influencer messicano, Carlos Name, ci ha messo il carico da 90, raccontando di aver visto questo personaggio (di circa 30 anni) all’esterno della sua abitazione, durante la notte. Pare ci sia anche entrato e successivamente, ha anche trovato il presunto luogo di accampamento. Ovviamente ha documentato tutto attraverso video. Da qui, in tutto il mondo.
Fondamentalmente inizia ad agire nel 2019, durante la Blue Whale Challenge, partendo da Tik Tok, con il nick @jonathangalindo54. Gli account si diffondono fino ad arrivare all’estate 2020 con il tentativo di riesumare la predetta Challenge. Per chi fosse interessato ad una ricostruzione più dettagliata, può visitare il sito Know your Meme.
Conclusioni
Basta digitare Dusky sam su instagram, ad esempio, e fioccano account falsi che recano scritte come:

Ma anche: 666, assassino seriale, uccidere bambini e via dicendo. Anche su Facebook. Se si fa una ricerca su YouTube è ancora peggio. C’è un video, ad esempio di un ragazzino che fa uno scherzo al fratello più piccolo. Crea in pochissimi minuti una chat falsa con annesso profilo falso di Jonathan Galindo, simulando lo scambio di battute fra il personaggio e se stesso. Tutto allo scopo di spaventare il fratello e chiaramente ci riesce alla perfezione.
Con questo voglio dire che i bambini e ragazzi di oggi usano il web e tutte le possibilità che offre a livello tecnico con una dimestichezza disarmante.
La “challenge” (mortale) per questa generazione è come il pane in tavola, parteciparvi non pare d’obbligo ma quasi scontato. Le affrontano con una spavalderia spiazzante, senza chiaramente considerare la conseguenza psicologica che li porterà a compiere sciocchezze, ahimè, irrimediabili. E non la considereranno perché, per quanto disinibiti siano nell’utilizzo di questi strumenti, sono pur sempre bambini. O ragazzi.
Altre Challenge
Basta dedicare un pensiero alla challenge di scendere dalla macchina in corsa e ballare (Kikichallenge) o a quella di attraversare una strada di corsa mentre arriva una macchina (Planking challenge). L’ultima per cui un’altra quindicenne è morta si chiama Benadryl challenge: prendi un antistaminico finché non hai le allucinazioni.
Tutto per emulazione. Maledetta emulazione. Per sembrare fighi. Per non essere etichettati come “loser”. O per provare il brivido dell’adrenalina.
C’è indubbiamente qualcosa che non va. E mentre tutto scorre, in onore del progresso e col beneplacito degli adulti, i ragazzini muoiono.
Ma non per gioco. Per davvero.

– Postilla –
Le immagini presenti in questo articolo sono tratte da Max Pixel e da Pinterest. Laddove qualcuno dovesse ritenere violato il proprio copyright, basterà contattarmi e provvederò a rimuovere l’immagine o ad attribuire (meglio) i credits.
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