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Diamante Hope, il gioiello blu bello e maledetto

- Ottobre 20, 2022

Il diamante Hope (detto anche, fra i vari nomi attribuiti, Blu di Francia o gioiello del re) è un famigerata pietra preziosa dal bellissimo colore blu. Famigerata perché è foriera di grandi sfortune e disgrazie che ricadono su chiunque la possegga.

Ha avuto proprietari diversi e in questo articolo sono citati quelli conosciuti, sebbene probabilmente ne abbia avuti anche altri.

Attualmente è conservato ed esposto allo Smithsonian Museum di Washington.

Ecco la sua storia.

Diamante Hope
FonteHope Diamonde

Diamante Hope, la sua storia e i proprietari

La provenienza originaria e la sua prima “vittima”: il sacerdote e Jean-Baptiste Tavernier

La pietra, in origine da 112 carati, proviene dall’India, formatasi poco più di un miliardo di anni fa nelle viscere della terra e rinvenuta in seguito nelle miniere di Golconda.

L’anello iniziale della catena di disgrazie vanta 2 versioni. Entrambe però lo collocano in un Tempio.

La prima versione racconta che nel 1515 la pietra viene rubata da un sacerdote indù. La sua avidità non va lontana poiché viene catturato e torturato finché non muore.

Il fatto che lo scopo fosse di rivenderla offre spunto e appiglio alla seconda versione .

FonteJean – Baptiste Tavernier

La seconda versione dà un motivo della maledizione. Pare che la pietra fosse incastonata in un occhio della statua raffigurante la divinità indù Rama-Sita e che l’autore del furto, nel 1688, sia stato Jean-Baptiste Tavernier, celebre esploratore e mercante francese.

La divinità, offesa, maledice la pietra e quella maledizione Tavernier se la porta dietro, indipendentemente dal fatto che, entratone in possesso, poi l’abbia venduta nel 1668 a Luigi XIV, per acquistare una grande tenuta.

Come va a finire? Le ricchezze di famiglia vengono interamente sperperate al gioco dal figlio e Tavernier trova la morte (in Russia) in circostanze tragiche durante un nuovo viaggio verso l’India.

Luigi XIV di Borbone (Re Sole), successori, Maria Teresa Luisa di Savoia-Carignano e il gioiello Blu di Francia

Divenuto il nuovo proprietario della magnifica pietra, il Re francese ne fa modificare dimensioni (ci vorranno 2 anni). Il gioiello acquisisce foggia triangolare e si riduce a 67,5 carati, prendendo anche il nome di Blu di Francia.

Diamante Hope
FonteEmbracing Hope, montatura del 2010

Luigi XIV, solito indossare spesso il diamante montato su una collana in oro, morirà a causa della cancrena che colpirà una gamba, senza contare la morte prematura di quasi tutti i suoi figli.

E l’erede del gioiello, il Gran Delfino? Muore il suo primogenito (il Duca di Borgogna), rimane vedovo e rischia la morte nel 1701 a causa di un ictus (attacco di apoplessia). Muore poi nel 1711 di vaiolo, senza succedere al padre.

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Il gioiello maledetto rimane nell’ambito della casata francese (e spagnola) per poi trovare un’altra proprietaria nella Principessa Maria Teresa Luisa di Savoia-Carignano.

A lei, intima e fedele amica della Regina Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, viene regalato e, gradito, lo indossa costantemente.

Morirà massacrata, torturata, decapitata e infine squartata durante il periodo conosciuto come “il Regime del Terrore”, 1792. Soprattutto a causa della sua nota amicizia con la Regina, motivo di tale accanimento contro di lei.

Il gioiello torna dunque nelle mani di Maria Antonietta e Luigi XVI e, beh, sappiamo bene che fine abbiano fatto: ghigliottinati nel 1793.

Del diamante se ne perdono le tracce, perché verrà rubato durante la grande rapina a Garde-Meuble de la Couronne nel 1792, quando vengono sottratti i gioielli della Corona.

La Russia e l’Inghilterra

Fonti poco certe dicono che il gioiello sia arrivato nelle mani di Caterina II di Russia ovvero Caterina la Grande. Muore poco dopo, anch’essa per apoplessia, nel 1796.

La pietra arriva in Gran Bretagna.

Fonte litografiaGiorgio IV

Il nuovo proprietario è Giorgio IV di Inghilterra. Senza voler discorrere sul destino della Monarchia britannica, basti dire che con lui andò in declino. Muore per emorragia intestinale, senza lasciare eredi alla Corona, obeso e quasi cieco.

Lascia però enormi debiti e un modo per recuperare denaro è vendere il prezioso gioiello blu del re.

Lo acquista nel 1830 un uomo inglese per 30 mila sterline.

Il nome Hope dato al gioiello deriva infatti dal cognome dello sfortunato nuovo proprietario: Lord Francis Hope, VIII Duca di Newcastle.

Egli fa intagliare la pietra con le dimensioni odierne di 45,52 carati e la battezza, appunto, “Hope“.

La grande sventura, fra le altre, che questo proprietario attribuisce al diamante è quella di separarsi dalla moglie. Muore nel 1839 ma “Hope” rimane in famiglia per anni.

Lo eredita il nipote, Henry Francis Pelham-Clinton e lo dona alla moglie, un’attrice di teatro musicale americana, May Yohé, che non se ne separa mai, nemmeno in scena.

Fonte fotoMary Augusta “May” Yohé

La coppia ama vivere al di sopra delle righe ma il matrimonio prende una brutta piega. Anche dal punto di vista finanziario, così l’uomo vorrebbe vendere il diamante ma l’oggetto, per testamento, non può essere venduto.

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Ci riesce solo nel 1901 ma nel frattempo la moglie fugge con un altro, lasciando Henry Francis Pelham-Clinton solo, infelice e con pochi denari.

Il viaggio di mano in mano del diamante Hope alias Diamante Hoodoo

Siamo nel 1902. Il diamante viene acquistato dalla Frankel, una società gioielliera che lo conserva fino al 1907.

Quell’anno la società entra in una crisi finanziaria causata anche dalla depressione economica del periodo (il Panico del 1907). Attribuisce tuttavia la colpa dei propri problemi finanziari al gioiello, a cui affibbia il nome di Diamante Hoodoo.

Un’altra versione vede invece l’acquisto della pietra da parte di Jaques Colot, tra il 1902 e il 1907.

Quest’ultimo impazzisce ma fa in tempo a liberarsene a sua volta, rendendone proprietario il principe russo Kanitowskij che la regala ad una ballerina. La fine del principe? Dopo aver ucciso, per folle gelosia, la ballerina, viene catturato e trucidato dai rivoluzionari russi!

Il diamante Hope passa dunque nelle mani di un gioielliere greco, Simon Matharides. Lo acquista sulla carta ma non fa in tempo ad entrarne in possesso materialmente che muore cadendo in un burrone.

FonteAbdul Hamid II

Arriviamo al 1908/1909.

Il diamante, chiamato “Idol’s Eye” per via della storia che lo vede rubato alla statua della divinità indù, appartiene alla collezione di un sultano turco, Abdul Hamid II che lo acquista nel 1908 per 400 mila dollari. Quando sta per essere deposto, lo affida ad un suo servitore per mettere il gioiello in salvo.

Anche in questo caso però il proprietario subisce delle conseguenze: durante le rivoluzione dei Giovani Turchi, viene catturato e muore in prigionia, durante la quale impazzisce.

Gli ultimi proprietari

Ma di nuovo il diamante Hope trova un proprietario: viene venduto al noto Pierre Cartier, nel 1911 (lo stesso sultano in precedenza gli vende la gemma nota come “Stella d’Oriente“).

Egli lo riporta al pieno splendore e lo vende a sua volta a Edward Beale McLean e sua moglie, Evalyn Walsh McLean (comproprietari del Washington Post).

Diamante Hope
PinterestEvalyn Walsh McLean, con indosso il diamante Hope e la Stella d’Oriente.

E piace tanto alla donna che lo indossa ogni giorno, spesso insieme alla Stella d’Oriente, un diamante a pera da 94,78 carati, acquistato sempre da Cartier nel 1908, nonostante la voce che fosse maledetto fosse giunta alle loro orecchie. La cosa curiosa è che tentarono di rivenderlo a Cartier ma lui non volle riprenderlo.

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Una volta entrato in casa, dopo circa 8 anni, il gioiello compie il suo funesto dovere. Muore dapprima la madre di Edward Beale McLean. Successivamente nel 1919 Vinson, uno dei 4 figli della coppia a soli 9 anni (per un incidente di auto, esattamente come lo zio da cui aveva preso il nome, che però morì a 17 anni) ed infine due cameriere.

Nella coppia si rompe qualcosa e alla fine, dopo pochi anni dalle tragedie, arrivano a divorziare. Lui trova un’altra donna ma perde tutto il proprio denaro, finendo in bancarotta per poi, dedito all’alcool, morire nel 1941 in un ospedale psichiatrico.

Anche la figlia, Evalyn (“Evie”), morirà nel 1946 per una overdose di sonniferi, a 24 anni.

E la ex moglie? Conserva il bellissimo diamante blu ma muore nel 1947 a 60 anni, colpita da polmonite.

Morta lei, casa e gioielli, compreso il diamante Hope, passano ai suoi 7 nipoti.

Venderanno il diamante Hope (e gli altri gioielli di famiglia) ad un americano: il gioielliere Harry Winston.

Diamante Hope
FonteCourt of Jewels

E così il gioiello entra a far parte della Court of Jewels, una mostra itinerante (negli U.S.A.) di preziosi organizzata dalla Harry Winston Inc.

Nel 1958 il gioielliere newyorkese, dona il diamante Hope al National Museum of Natural History, grazie all’insistenza del mineralogista dello Smithsonian.

Il prezioso entra così a far parte della collezione nazionale di gemme e da allora è rimasto allo Smithsonian Museum di Washington.

In conclusione

Chiunque abbia posseduto e abbia sfoggiato questo meraviglioso diamante blu ha avuto una gran sfortuna. E’ impazzito, caduto in disgrazia, ammalato e morto, a volte anche tragicamente.

Che ci si creda o meno, forse è meglio che resti dove è esposto ormai da anni. L’ira divina può rivelarsi molto vendicativa!

– Postilla –

Le immagini presenti in questo articolo sono tratte da risorse gratuite. Laddove qualcuno dovesse ritenere violato il proprio copyright, basterà contattarmi e provvederò a rimuovere l’immagine o ad attribuire i credits insufficienti.
Testo by IlPumoGiallo©

Img in copertina: Pinterest, aggiunto il contenuto reale della targa.

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Sono nata nel '77, Avvocato e scrittrice. Appassionata di arte e musica, di letteratura e retorica, di storia e di filosofia, faccio della creatività lo svago dalle mie passioni. Amante delle parole in ogni loro forma, scritta e non scritta, mi piace scrivere perché, citando Cesare Pavese, riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare ad una folla (Cesare Pavese, 4 maggio 1946).

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