Il Pumo pugliese, o Pomo o Pigna, oggetto simbolico ed intriso di tradizione culturale. Espressione del più antico artigianato della Regione, trova la sua culla natale a Grottaglie (TA), che si è guadagnata la qualifica di centro ceramico D.O.C. .
Origine del nome “Pumo/Pomo”, la Dea Pomona, brevi cenni
L’origine del nome deriva dal latino Pomum e significa “frutto”. Come ogni cosa nell’antichità, anche i frutti erano ascritti alla benedizione di una qualche divinità ed in questo caso la divinità era la Dea Pomona.
Questa Dea non era venerata solo nel Lazio ma la si ritrova in diverse raffigurazioni anche in altre zone. A Salerno, ad esempio, c’è il Tempio dedicato a Pomona. Anche in tempi successivi molti pittori usavano raffigurarla, sempre con frutti in grembo, oppure riposti in una cornucopia.
E’ identificata nella Dea della prosperità dei frutti (tutti i frutti) ergo della fertilità, la Patrona Pomorum, ma non del raccolto in sé. Motivo per cui non esiste una data precisa in cui si festeggia questa Patrona ma la si identifica ogni qual volta i frutti (e le coltivazioni) raggiungono la maturazione. L’unica data è quella del 13 agosto quando viene celebrata assieme a Vertumno.
Il Pomonal ed il Flàmine pomonale
Sebbene il culto della Dea Pomona fosse noto, passava un po’ in sordina rispetto alla venerazione in pompa magna di altre divinità. Tuttavia aveva il suo luogo dedicato, il suo locus amoenus. Questo luogo ameno si chiamava Pomonal (oggi ubicato nell’agro romano, nei pressi di Castel Porziano) ed era un bosco fresco e silenzioso in cui gli adepti comunicavano con la propria spiritualità.
Comunque era ben venerata e di conseguenza aveva il suo Flàmine (pomonale). Chi era il Flàmine? Era il sacerdote che aveva il compito di celebrare le feste ed i riti della divinità ai cui il proprio ordine era consacrato. Nello specifico, accendeva il fuoco (flamen) sull’ara dei sacrifici. Tuttavia non si conoscono Pomonalia (feste in onore della Dea in questione).

Ritrae Vertumno, innamorato della Ninfa Pomona, nei panni di una vecchietta, nel tentativo di consigliarle chi sposare. Alla fine tornerà alle proprie sembianze e Pomona si innamorerà subito di lui.
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Anche altri Dei erano identificati con la frutta, uno su tutti Vertumno (etrusco) che sposò. Abbiamo anche il Dio Poemonio (popolo dei Sabini) e Pomo/Pomonus (popolo umbro), addirittura citato nelle Tavole di Gubbio.
Il collegamento con il Pumo/Pomo pugliese
Il Pumo dunque è un frutto, nel pieno del rigoglio, figlio della fertilità della natura, perfetta espressione della Dea Pomona e, proprio per questo, arricchito da un significato apotropaico. Rigorosamente in ceramica.
La sua forma richiama quella di un bocciolo che sta per schiudersi in quattro (ma anche tre) foglie di acanto. L’acanto a sua volta rappresenta la purezza, la prosperità feconda, la rigenerazione. Una ricchezza simbolica che presto divenne beneaugurante.
All’epoca possedere un Pumo era appannaggio dei più ricchi. Le famiglie nobili e benestanti pugliesi lo facevano anche personalizzare dai maestri artigiani con il proprio stemma araldico. Più foglie di acanto aveva il Pumo, più grande era, più ricca era la famiglia che lo possedeva. E veniva esposto ovunque a dimostrare prestigio: elemento decorativo delle facciate, sui balconi, sulle ringhiere e i corrimano.

Il Pumo come portafortuna
Ma non era solo indicativo di ricchezza. Era considerato anche un oggetto capace di tenere lontana la malasorte (funzione apotropaica, come si accennava più su) e attrarre solo la fortuna e la prosperità. Indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza.
Nel corso dei secoli, se prima era un oggetto per pochi, è diventato accessibile a tutti. Il numero delle foglie di acanto non è più solo legato alla rappresentazione della ricchezza di chi lo possiede ma alla quantità di fortuna e prosperità che si desidera attrarre.
Attenzione però: il Pumo, per portare fortuna, ricchezza e prosperità, deve essere regalato. Perché la fortuna non si compra, si riceve. E ancora oggi, regalare il Pumo ha un significato beneaugurante. Motivo per cui viene scelto, per esempio, come bomboniera.
E il Pumo pugliese simile alla pigna?
Questa similitudine rappresentativa è frutto di una evoluzione nel tempo delle forme del Pumo pugliese. Come il suo colore, che dal bianco originale ne assume diversi. La ceramica non è liscia ma irregolare, ricordando, appunto, una pigna. La pigna, a sua volta è rappresentativa dell’immortalità e della forza vitale ma anche della fertilità (i semi N.d.R.). Associata inoltre all’albero della vita, ben si presta a completare la simbologia del Pumo. Le radici simboleggiano la famiglia, le foglie dell’albero le possibilità mentre i frutti appesi la realizzazione di ciò che si desidera nella vita.
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– Postilla –
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